Un classico rivisitato: Sulla imitazione, E. Gaddini
È vero che l’identificazione, secondo la definizione originale di Freud, deve essere distinta dall’imitazione, ma è anche vero che, a causa della lunga e laboriosa elaborazione del concetto di identificazione, il rapporto di quest’ultima con l’imitazione e il concetto stesso di imitazione non sono stati sufficientemente chiarificati.
L’imitazione sembra essere un elemento essenziale della struttura dell’identificazione, alla stessa stregua della introiezione, ma esprime una disposizione di base, nei riguardi dell’oggetto, che dovrebbe essere tenuta distinta da quella dell’introiezione. Imitare non soltanto non vuol dire introiettare, ma può essere un modo di difendersi dall’angoscia provocata da conflitti introiettivi, anche se questa difesa può causare a sua volta quadri patologici più gravi. Nel processo di identificazione le imitazioni e le introiezioni vengono fuse e integrate, in funzione degli scopi dell’adattamento e del principio di realtà.
Sul piano teorico e clinico, un riconoscimento adeguato delle imitazioni aiuta a chiarificare il concetto di identificazione e a individuare meglio gli aspetti patologici di questa. Per esempio, almeno alcuni di quelli che vengono abitualmente indicati come “tipi” diversi di identificazione possono invece essere meglio descritti come suoi diversi aspetti patologici, e i processi mentali elementari che sottendono alcuni aspetti della patologia somatica possono essere meglio compresi.