Sperare e di-sperare: un problema di tecnica?, J. Amati Mehler, S. Argentieri Bondi
Le autrici discutono un particolare problema tecnico sollevato da due pazienti le cui analisi sembrava ristagnare. Le analizzande si erano lamentate per molto tempo, ripetendo con tono monotono e lagnoso che per loro non ci sarebbe stata più speranza. L’affermazione di di-sperazione assumeva uno specifico significato nel quadro delle loro resistenze nei confronti della relazione analitica. Erano state tentate, fino ad allora, tutte le possibili interpretazioni finché entrambe le analiste – una indipendentemente dall’altra – sono ricorse ad una simile insolita strategia tecnica, che è, per l’appunto, l’argomento di questo lavoro. L’analista è investito di un irrealistico compito di preservare l’illusione che i bisogni insoddisfatti possano essere appagati o gli oggetti perduti restituiti. Questa illusione coesiste con il costante risentimento per il suo mancato appagamento. La speranza si alterna con la di-sperazione e il paradosso risiede nella necessità della loro coesistenza come un’estrema difesa contro la separazione.
Il risentimento e il lamento penoso rappresentano l’unico ed ultimo legame possibile con l’oggetto primario e il rinunciarvi corrisponderebbe al definitivo crollo dell’illusione e al riconoscimento che esso è davvero realmente perduto per sempre.