Il significato inconscio della metafora, Jacqueline Amati Mehler
L’A. esamina le metafore in rapporto all’architettura della mente, ai suoi spazi interni e alle sue zone di luce e d’ombra. Le metafore sono sempre state importanti per la filosofia, per la poesia, per la retorica. Basterà ricordare l’illuminante affermazione di Aristotele secondo il quale “la cosa più importante è, di gran lunga, essere padroni della metafora”, cioè saper dare a una cosa il nome che appartiene in senso stretto a un’altra. Per Aristotele la funzione della metafora si propaga oltre la poesia e tocca il linguaggio comune perché le metafore hanno il pregio di accrescere l’apprendimento veloce e la conoscenza. Le buone metafore, in effetti, sono tutt’altro che banali o stravaganti, proprio come “in filosofia è sagace vedere le somiglianze in cose molto diverse”. Grazie alla condensazione e alla sostituzione, la metafora permette di oltrepassare le frontiere delle diverse aree di significato e dei differenti livelli della psiche, stabilendo connessioni che creano nuovi significati. Le costruzioni metaforiche contribuiscono a dare forma alle interazioni soggettive. Il nostro potenziale metaforico non si dispiega solo in un’area di lucidità linguistica pubblica: comprende anche le “oscure” profondità della nostra vita affettiva, nonché le nostre conquiste intellettuali e formali. E quantunque il meccanismo intrinseco con cui si costruiscono le metafore sia, in effetti, un processo complesso, esso paradossalmente accresce la comprensione di quei livelli ai quali il linguaggio comune non riesce ad accedere.