Che cosa vuole l’analista?…, Axel Hoffer
L’A. ricostruisce la storia della libera associazione, la “regola fondamentale”, attraverso la relazione/controversia Freud-Ferenczi. L’idea dell'”attività”, inizialmente proposta da Freud per i pazienti fobici e ossessivi, si lega agli inizi degli anni ’20 al nome di Ferenczi. Scopo dell’attività è agevolare o, più accuratamente, “forzare” le associazioni in analisi. Poi Ferenczi cambia idea perché si accorge che la sua analisi ha ricreato l’ambiente genitoriale traumatico che ha causato la nevrosi del paziente. Questo mutamento d’opinione lo induce a ridefinire il controtransfert e a sviluppare le nuove tecniche dell'”indulgenza” e del “rilassamento”, mitigando l’enfasi di Freud su “astinenza” e “frustrazione”. Una vignetta tratta dall’analisi di una paziente bulimica pericolosamente auto-distruttiva illustra il valore della libera associazione come strumento prezioso per aiutare il paziente a sentirsi compreso senza pressioni alla rinuncia dei sintomi. Monitorando costantemente l’ambizione terapeutica, l’analista dimostra l’importanza della libera associazione nel favorire nella paziente una migliore comprensione di sé e del valore di sopravvivenza dei suoi sintomi. La vignetta evidenzia quanto l’ambizione terapeutica dell’analista renda difficile la libertà di associare della paziente e inevitabilmente intralci l’attenzione uniformemente fluttuante dell’analista. Naturalmente è necessario e auspicabile che l’analista nutra un desiderio terapeutico, ma esigendo il cambiamento si finisce per promuovere la condiscendenza e la ribellione nascosta che limitano l’analisi.