Il maestro che promise il mare
di Patricia Font
di Patricia Font
Questo film Spagnolo del 2023 è una piccola poetica. Tratto dall’omonimo romanzo di Francesc Escribano è basato sulla storia vera del maestro Catalano Antoni Benaiges che nel luglio del 1936 all’età di 33 anni fu assassinato dal regime Franchista, dopo essere stato sequestrato e torturato per le sue idee innovative, giudicate e temute come “sovversive”. Presumibilmente sepolto nella fossa comune di La Pedraja il suo corpo non è stato mai ritrovato.
Diventato un eroe nella penisola iberica e poco conosciuto fuori patria arriva sullo schermo interpretato magistralmente da Enric Auquer con il suo pensiero libero e il cuore puro.
Nel piccolo e rurale paesino di Bañuelos De Bureba, piccolo villaggio del nord della Spagna, un giorno tra il 1934 e il 1935 arriva il nuovo maestro, giovane dinoccolato e con gli occhi sorridenti, che si insedia nell’unica classe della scuola che accoglie bambini dai 6 ai 14 anni, dove prima del suo arrivo a insegnare era il parroco. I piccoli studenti accolgono il maestro con diffidenza e timorosi anche solo di un piccolo movimento, abituati a una rigida educazione religiosa e a punizioni spesso corporali. L’arrivo del nuovo maestro per questi bambini, spesso costretti a sottrarsi all’obbligo scolastico per lavorare, è una vera rivoluzione. Le posture ordinate e rigide piano piano si trasformano e diventano plastiche e vive, e i volti si aprono alla curiosità e al gioco. Il maestro segue un metodo di insegnamento basato sui principi del pedagogo francese Célestin Freinet che alla fine dell’800 propose una nuova concezione del bambino, soggetto attivo da aiutare ad esprimere il suo potenziale, e quindi da educare attraverso la libera espressione, lo scambio e il dibattito di idee, la socializzazione e il riconoscimento dei bisogni del singolo nel rispetto della collettività. Le lezioni si tengono in gruppi esperienziali, in classe come passeggiando nei boschi; l’entusiasmo del maestro è contagioso e gli alunni, superata la iniziale diffidenza instaurano con lui un profondo legame di affetto, ammirazione e fiducia. Seguendo i metodi di insegnamento del cantiere aperto scrivono un “quaderno della vita”, stampato con le loro stesse mani in una artigianale tipografia scolastica, dal titolo “Il mare. Visione dei bambini che non l’hanno mai visto” in cui ognuno esprime la propria fantasia su questo luogo immaginato e sognato. Ed ecco la promessa del maestro: portarli a vedere il mare per la prima volta nella loro vita. Non sarà semplice convincere la comunità a dare il consenso alla gita, soprattutto i genitori più resistenti e attaccati alla tradizione della terra, al lavoro manuale piuttosto che alla apertura alla conoscenza. Ma alla fine anche il papà più restio nel suo pensiero concreto capitolerà di fronte al desiderio del figlio, motore di una crescita anche a lui evidente.
Ma il regime franchista avanza e la favola avrà un finale nero, il sogno di vedere il mare resterà tale, solo un sogno. Quel mare oggetto del desiderio, simbolo di libertà e speranza, luogo impossibile da raggiungere.
Il maestro che promise il mare è un film prezioso, a partire dal messaggio sul senso dell’educare: e-ducere, trarre fuori, far crescere, condurre l’altro all’espressione del sé. Ma anche sul significato della cultura, strumento di crescita e consapevolezza, di capacità di pensiero e senso critico, di apertura alla vita e alla conoscenza, imprescindibile per allargare i propri orizzonti nella tolleranza e nell’inclusione.
Interessante l’impianto narrativo: la storia del maestro è ricostruita attraverso flashback in un intreccio tra passato e presente. Nel presente una donna inquieta, fragile e smarrita, nipote di un allievo del maestro, decide di colmare la lacuna di un doloroso tassello mancante della propria storia, la scomparsa del bisnonno, il cui corpo non è mai stato ritrovato, evento circondato da silenzi e tabù. Comincia così un lavoro di ricerca di quel corpo, recandosi sui luoghi dove gli scavi archeologici di un gruppo di studiosi tentano di portare alla luce e dare un nome ai resti delle fosse comuni. Scavare e recuperare la memoria e la storia di un passato che non può che essere nel presente della vita della giovane donna, condizionandone il futuro. Una vera e propria archeologia della mente, un viaggio a ritroso nel tempo a partire dai resti del presente, alla scoperta delle origini.
La regista Patricia Font in una intervista dichiara: “L’interazione tra queste due trame trasmette un messaggio: ciò che accade nel passato si ripercuote nel nostro presente sotto forma di ferita transgenerazionale. Trovo interessante la tesi secondo cui siamo capaci di ereditare le ferite dei nostri antenati.”
Il film ha un forte significato politico: ricordare il Franchismo, ancora vivo nella Spagna dei sopravvissuti, in un’epoca in cui le dittature dilagano, monito per non dimenticare il potere della distruttività, di quel Thanatos che rade al suolo la creatività di Eros, simbolicamente rappresentato nel film dall’incendio nella pubblica piazza, sotto gli sguardi attoniti di tutta la comunità, dei “quaderni della vita”, quei quaderni scritti dalle giovani future generazioni. La speranza è che il seme piantato possa di nuovo germogliare
Fulvia Grimaldi psicoanalista Associazione Italiana di Psicoanalisi A.I.Psi/I.P.A, segretaria A.I.Psi,