“Il nostro grande niente” Emanuele Aldovrandi- ed. Einaudi
Ha tante pieghe, temi e sfumature questa storia d’amore di una giovane coppia che si interrompe, per la morte di lui, alle soglie del matrimonio.
Il libro di Aldrovandi, ben scritto in seconda persona, dialoghi di stile cinematografico, è una storia d’amore che diventa una storia di una perdita.
Lo scrittore segue diverse linee narrative ma tocca le domande fondamentali sulla nostra esistenza: la vita, la morte, l’amore e la sua illusione di eternità, la disillusione, l’imprevisto, il trauma. Le prime venti pagine sono davvero potenti, poi in alcuni passaggi la scrittura rigira troppo su se stessa.
Nella prima parte assistiamo al dolore e al lutto della ragazza “dai grandi occhi” per la perdita del suo ragazzo, che però pian piano viene superata.
“Chissà come sarebbe se, una volta morti, si potesse continuare a esistere, da qualche parte, in compagnia della propria memoria. Sarebbe bello o sarebbe una tortura? E se anche fosse una tortura: è meglio esistere all’interno di una tortura o non esistere proprio?”.
Ha tante pieghe, temi e sfumature questa storia di una giovane coppia benestante alle soglie del matrimonio.
Mentre lui è sospeso nel non-tempo per sempre, la vita continua e lei riprende a mangiare, a sorridere, ad amare.
Lui diventa solo una foto riposta in un cassetto, forse pensata con nostalgia, ma incredibilmente lontana.
Lei si risposa ha dei figli, lui osserva , quello che accade nella vita della donna, pensando a come sarebbe stata la loro vita se lui non fosse morto. Se avessero finito di vedere la maratona di Star Wars o continuato a sentire e amare i Radiohead. Se avessero continuato ad amarsi, a pensare di esistere l’uno per l’altra, ad essere un mondo, un noi.
“Avresti voluto che ti abbracciassi. Avresti voluto che ti stringessi forte come quando ci dicevamo “vorrei restare così per sempre”. Poi ti sei sciacquata la faccia e sei tornata da lui. L’hai abbracciato e gli hai detto “ti amo”.”
Nessuno è indispensabile all’altro, ogni cosa può essere sostituita. Ma forse questo è il senso, la vita è piu forte di tutto, dolore o amore che sia.
Tutto quello che e accaduto tra loro in fondo è stato grande, ma è un niente di fronte all’esistenza, il tempo cancella e rende lontano ogni cosa.
“Sarebbe bello poter piegare il tempo in due, come se fosse un foglio di carta, farci un buco e congiungere il presente con il passato. Io potrei essere ancora vivo, nel passato. Attraverso quel buco potrei allungare la mano e stringere la tua, nel presente.”
Il libro di Aldovrandi è diviso in due parti, differenti tra loro, ma equilibrate
Lui pone tante domande, spesso con fare ossessivo e interrogativi filosofici, a volte insistenti, che appesantiscono la lettura, si chiede quale è la forma del rapporto trà uomo e donna
Eros e Thanatos si intrecciano continuamente, creando vari movimenti affettivi.
«Se l’universo restasse fermo, anche solo per un secondo, la gravità lo farebbe collassare su sé stesso. Per questo motivo, nonostante io sia appena morto, i pianeti continuano a roteare intorno alle proprie stelle, le galassie procedono nel loro costante allontanamento le une dalle altre e tu giri la chiave nella porta di quella che fino a qualche ora fa era casa nostra»
Esordio interessante. buona scrittura, domande fondamentali sul senso dell’esistere, e sulla importanza dell’altro da sè ma soprattutto sulla caducità della vita e sul niente che in fondo siamo e sull’inesorabile continuità del tempo oltre l ‘esistenza di ogni essere umano, chiunque esso sia.
“Bisogna accettare la vita come viene, scrive Simenon, lei è più forte di noi”
Passiamo veloci e saremo dimenticati, dolorosa, inesorabile ma necessaria verità .
.
Matteo De Simone psicoanalista didatta Associazione Italiana di Psicoanalisi A.I.Psi/I.P.A, socio onorario ASSIA ( Associazione siciliana per lo studio dell’infanzia e dell’adolescenza)