La Sala professori– regia Ilker Catak. Sceneggiatura: İlker Çatak, Johannes Duncker
Il film narra con grande maestria la confusione che domina nella scuola, ma piu in generale in tutti gli spazi sociali, tra spinte innovative, spesso demagogiche, e immodificabili aspetti reazionari e proiettivi
La giovane supplente, Carla Nowak, bravissima Leonie Benesch, idealista e convinta della necessità di un rapporto corretto, nel rispetto dei ruoli, con gli alunni viene travolta dal meccanismo perverso che domina l’ambiente mentre tenta di far prevalere la giustizia. Nella scuola in seguito ad una serie di furti viene incolpato un ragazzino turco,vittima del pregiudizio razziale, che subisce un umiliante perquisizione in ossequio alla “tolleranza zero” imposta da una monolitica preside. Carla, per smascherare il ladro, lascia in funzione, in sala professori, la videocamera del pc , e dal dettaglio di una camicia, che appare nel filmato, verrà accusata la simpatica segretaria scolastica, che però si dichiarerà innocente. Da qui l’onda del sospetto e della persecuzione diventerà una slavina che travolgerà gli studenti e i professori in sospetti, accuse, condanne, processi senza contradditorio, tutto carratrerizzato da un profondo odio, da un livore e da una spinta distruttiva senza limiti. Cosi come accade, oramai, di frequente nel nostro mondo, dove il giustizialismo e la condanna preventiva, spesso sostenuta dai social o dal chiacchiericcio, diventano senza alcuna soluzione, giudici inesorabili di chiunque, innocente o colpevole, ne resti imprigionato.
Questo continuo sospettare di tutti, la certezza di essere nel giusto, la continua proiezione nell’altro di ogni male sono descritti perfettamente dal film, Anche i movimenti della Mdp descrivono uno spazio sempre più claustrofobico, dove il pensiero lineare si avvoltola su se stesso, smarrendo ogni senso.Carla tenta in tutti i modi di opporsi a questa deriva, mirabile la scena in cui propone ai ragazzi un esercizio in cui ognuno trova equilibrio appoggiandosi su l’altro, ma basta una frazione di secondo perché l’equilibrio si perda e prevale la violenza e l’attacco. Anche Carla viene contagiata dal persecutore interno e arriva a dubitare di tutto, fino a correre il rischio di scivolare in un microdelirio.
Solo Oskar, il figlio della segretaria, tenta di opporsi a questo orrore, con tutto il suo essere, con la potenza dell’assolutezza del suo corpo bambino e di uno sguardo innocente , richiedendo, verità chiarezza e giustizia.
Forse questa rivolta silenziosa, in contrasto con tante proteste urlate e teatrali, che spesso sono solo una autorappresentazione narcisistica e di fatto inefficaci se non compiacenti al potere stesso contro cui sembrano protestare, fa capire che forse ci si può ribellare ancora al degrado assoluto di questi tempi. La speranza sta nella ricerca di autenticità che i bambini richiedono, e forse anche negli adulti se riescono ad essere umili e coraggiosi, tanto da riuscire ad ascoltare, senza paura, il bambino che alberga dentro di loro, le speranze, i bisogni.
Non a caso, oggi, la società ha una deriva pedofila e abusa psichicamente, e non solo, dei bambini, dei i giovani in generale, per annullare e ipnotizzare quella forza vitale e di cambiamento di cui i giovani sono portatori da sempre, dall’origine del mondo.
Bellissima la scena in cui la professoressa si chiude, tutto il giorno, in un aula vuota con Oskar lasciando fuori il mondo degli adulti, in una sorta di holding silenziosa ma di incontro profondo e primario .
La ripresa delle aule vuote rappresenta in maniera assoluta il senso del vuoto del pensiero e dell’assenza dell’umano nelle strutture fondanti della società
Un film da vedere come metafora del mondo persecutorio e paranoicale dove oggi siamo costretti a vivere. Bisogna coltivare la speranza che la silenziosa richiesta di un qualsiasi Oskar sia accolta dagli adulti e porti di nuovo ad un incontro di riconoscimento tra adulti e giovani.