Travestitismo, transessualismo, transgender: identificazione e imitazione1
Simona Argentieri
Nel giro di pochi decenni è clamorosamente mutata la convulsa arena sociale e culturale nella quale i cosiddetti “transessualismi” vivono, si definiscono e vengono definiti, tra psicologia e diritto. È cambiato persino il linguaggio tecnico. Se nei trattati del passato erano tenute ben distinte le diagnosi di transessualismo e travestitismo, oggi invece si parla di “disforie di genere”; oppure si usa il termine comprensivo di transgender, che sposta l’accento dalla pulsione sessuale all’identità di genere. Nella clinica vediamo aumentare il fenomeno del cosiddetto cross dressing infantile; sono in netto aumento – o meglio non si negano più – le perversioni femminili, sia pure con nuove connotazioni.
L’A ritiene che la psicoanalisi debba faticosamente riguadagnare un suo spazio teorico ed un suo specifico operare clinico che si sottragga sia al confuso scandalo mediatico, sia alla seduzione collusiva, falsamente liberale, della “riattribuzione” medico-chirurgica del genere sessuale –consentita ormai in molti paesi nelle pubbliche istituzioni – che di fatto riconsegna il problema al livello biologico. Non ci si può accontentare – come accade purtroppo di frequente – di intervenire sui danni già avvenuti. Si dovrebbe capire se le attuali organizzazioni psicologiche di transessuali e travestiti corrispondono alle ipotesi strutturali formulate a suo tempo da Freud; e come di volta in volta la compromissione dei livelli precoci, pre-edipici relativa alla costruzione dell’identità di genere si intrecci con quella dei livelli sessuali edipici e pulsionali.
Secondo l’A., è anche importante cercare di capire analiticamente le dinamiche relazionali di coloro che si accompagnano, amano o occasionalmente sfruttano sessualmente travestiti e transessuali, nella “zona grigia” al confine con la cosiddetta normalità. D’altronde, la specificità della psicoanalisi rispetto alla sessualità è di rifiutarsi di considerarla una “funzione” a sé; ma di ritenerla parte integrante della persona. Secondo la nostra disciplina, ciò che testimonia la maturità non sono gli aspetti descrittivi, fenomenici della sessualità, ma il grado di rapporto oggettuale che ciascuno riesce a stabilire con l’altro nella sua interezza.
1Lavoro presentato in occasione della Conferenza Europea dell’IPA Committee on Women and Psychoanalysis (Cowap) “Travestitismo, transessualismo, transgender nella dimensione psicoanalitica”, organizzato da Giovanna Ambrosio a Catania, il 17 e 18 giugno 2006.