Neutralità e alleanza terapeutica: che cosa vuole l’analista?
A. Hoffer
L’articolo passa brevemente in rassegna la storia del concetto di alleanza iniziata con Freud, Sterba e Fenichel e proseguita da Zetzel e Greenson. Implicita nel concetto è una visione dicotomica del rapporto analitico, osservante e razionale da un lato, sperimentatore dall’altro. Come contrappunto a questa visione dicotomica del rapporto analitico, viene rilevata la predilezione di Ferenczi per una visione unitaria e non scissa della relazione analitica e per la priorità del sentimento a fronte dell’intelletto. La tesi dell’Autore è che l’analista voglia agevolare il desiderio conflittuale dell’analizzando di vedere se stesso – secondo l’immagine di Ferenczi “mentalmente a nudo simbolicamente” – attraverso il farsi vedere da lui in un rapporto sinceramente non giudicante e sicuro. Per illustrare gli inconvenienti di una scissione concettuale tra alleanza, transfert e rapporto “reale”, viene presentato un esempio clinico nel quale l’analista restituisce una penna caduta e l’analizzanda sospettosamente interpreta il gesto come tentativo di promuovere l’alleanza in analisi. Sul finire, L’Autore espone la propria personale visione del rapporto analitico quale relazione unitaria, non giudicante, asimmetrica, volta a far crescere la capacità dell’analizzando di associare liberamente. L’analista usa il metodo della libera associazione per raggiungere il fine primario dell’analisi: vale a dire, per accrescere al massimo l’opportunità dell’analizzando di chiarire il conflitto.